I Meli di Avalon nasce come cerchio prevalentemente femminile nel quale riunirsi per studiare, vivere e sperimentare insieme le Vie di Avalon, ovvero quei percorsi sacri che si radicano nelle tradizioni celtiche femminili, nella mitologia celtica e nella materia bretone.
Come tanti dolci e succosi frutti nati dalle mani, dall'amore e dall'ispirazione di molte donne.

martedì 9 settembre 2025

Le Dodici Damigelle della Torre

Le Dame di Avalon nella Tradizione Arthuriana
Le Dodici Damigelle della Torre


La vicenda che segue, narrata sempre ne Le Morte d’Arthur di Sir Thomas Malory, si presenta subito dopo che il cavaliere Ivano viene bandito dalla corte di Re Arthur, e Galvano, suo affezionato cugino, decide di seguirlo, ritenendosi bandito anch’esso.
I due cavalieri si inoltrano in una fitta foresta, fino a quando raggiungono un convento di monaci, dove vengono accolti con gentilezza e decidono di passare la notte.
Dopo aver dormito al monastero, Ivano e Galvano ripartono, e di lì a poco fanno un incontro particolare.

Si addentrarono in un grande bosco e poi sbucarono in una valletta dove videro dodici belle damigelle e due cavalieri armati e montati su grandi cavalli vicino a una piccola torre. Le damigelle correvano avanti e indietro da un albero al quale era appeso uno scudo bianco e, ogni volta che vi passavano accanto, vi sputavano sopra e alcune vi gettavano anche del fango.
I due giovani si avvicinarono, salutarono le damigelle e chiesero loro perché spregiassero lo scudo in quel modo.
“Ecco, signori, esso appartiene a un cavaliere del paese che è un ottimo combattente, ma ha in odio tutte le dame e le gentildonne. Per questo stiamo recando offesa al suo scudo.”
“Non è certo degno di un cavaliere disprezzare le dame”, osservò ser Galvano, “ma può anche darsi che ne abbia un buon motivo e che, se è vero quanto dite, in qualche altro luogo vi siano donne che egli ama e da cui è ricambiato. Come si chiama?”
“Moroldo, signore, del sangue del re d’Irlanda.”
“Lo conosco”, intervenne ser Ivano. “È un cavaliere molto valoroso (…).”
“Allora penso che siate voi da biasimare, damigelle”, esclamò Galvano. “(…) Comunque non intendo permettere che lo scudo di un cavaliere venga disonorato!”
Così dicendo i due giovani si allontanarono, ma ecco sopraggiungere ser Moroldo su un grosso cavallo e dirigersi verso di loro. Subito le damigelle si precipitarono a cercare rifugio nella torretta e con una fuga tanto disordinata che alcune inciamparono e caddero.


A questo punto Moroldo sfida un cavaliere e fa la conoscenza di Ivano e Galvano. Quest’ultimo gli chiede infine la motivazione di quanto accaduto con le damigelle della torre.

“Signor cavaliere”, gli disse a un certo punto ser Galvano, “sono stupito che un uomo del vostro valore non ami le dame e le damigelle.” “Coloro che mi attribuiscono questa nomea sono in torto e so bene che si tratta delle damigelle della torre e di altre come loro”, replicò ser Moroldo. “Ora vi dirò perché le detesto: esse sono maghe e incantatrici, e per quanto un cavaliere possa essere forte di costituzione e di indole valorosa, ne fanno un gran vigliacco per trarne vantaggio. Questo è il motivo principale per cui le aborro; sono invece pronto a servire da cavaliere tutte le buone dame e gentildonne.”

In questo tratto di storia fanno la loro breve ma intensa comparsa dodici damigelle, che pare vivano tutte insieme in una piccola torre attorniata da un vasto bosco, dalla quale entrano ed escono mentre esprimono il loro disgusto per il cavaliere che, come spiegano, ha in odio tutte le dame e le gentildonne.
Le damigelle della torre detestano ser Moroldo in quanto egli detesta loro, eppure temono che lui possa far loro del male, così non appena lo vedono comparire fuggono disordinate, terrorizzate tanto da inciampare fra loro e nei loro stessi piedi e cadere, prima di raggiungere la loro torre, dove si rifugiano al sicuro.
Sarà proprio Moroldo a spiegare il motivo del suo odio, ed è nelle sue parole che si scopre che le dodici damigelle della torre sono in realtà maghe e incantatrici.
Sono dotate di poteri magici, o perlomeno sanno usare la magia, e per quanto nulla lasci intendere che abbiano alcun interesse a far diventare vigliacchi i valorosi cavalieri per trarne vantaggio, Moroldo le detesta. Egli ama le dame buone e gentili, le gentildonne che sanno stare al loro posto e che rifiutano il potere e la magia femminili. Loro sono più adatte a essere difese e servite.
Le dodici damigelle della torre, maghe e incantatrici che vivono isolate, insieme, in un luogo protetto e simbolicamente sospeso, in quanto appartiene sia alla terra che al cielo – la torre – sembrano richiamare una parvenza di femminismo in epoca medievale. Non temono di insultare gli oggetti dell’uomo che detesta le donne potenti, magiche, sapienti e appartenenti a una dimensione più alta rispetto a quella a cui appartengono le gentildonne normali; ma non sono ancora pronte ad affrontarlo. Per paura che egli usi violenza contro di loro sono costrette a nascondersi, a tornare nella loro torre sospesa. La loro presenza è sfuggente, eppure basta per lasciare il segno e per comunicare un messaggio: la loro ribellione, la ribellione del femminile nei confronti dell’uomo che odia la donna di magia.
In Moroldo troviamo un uomo che davanti a una donna potente si sente piccolo e vigliacco, ma invece di trovare il proprio potere personale incolpa la donna stessa, quasi che la sua autorità lo renda impotente. Egli rappresenta altresì una eco di coloro che tali donne odieranno a tal punto da ucciderle, mettendole al rogo come streghe.
Nelle dodici damigelle della torre vive lo spirito di coloro che non si piegano a questa realtà. Il loro sputo è il rifiuto di essere oltraggiate, un gesto a sua volta magico e apotropaico, la forza di preservare la loro natura indomita, inconsueta, magica, sacra.

***

Nota:

Le citazioni sono tutte tratte da Sir Thomas Malory, Storia di Re Artù e dei suoi cavalieri – titolo originale Le Morte d’Arthur – Vol. I, Oscar Mondadori, Milano, 1985, pagg. 110-111, 113.

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