Fra le prime figure femminili che compaiono ne Le Morte d’Arthur di Sir Thomas Malory vi è una damigella dalle ambigue intenzioni. Si presenta alla corte di Re Arthur come vittima di un sortilegio, ma si rivela poi essere ben diversa da come era inizialmente apparsa. La sua venuta inoltre, è preludio di uno degli eventi più tragici della letteratura arthuriana.
“ (…) Poco dopo che il re ebbe raggiunto Camelot con tutto il suo baronaggio (…) gli si presentò una damigella che disse di essere messaggera della potente dama Lile di Avalon, e, quando lascio cadere il mantello foderato di una pelliccia preziosa, si vide che portava alla vita una bellissima spada.
“Damigella, perché cingete un’arma che non vi si addice?” le chiese il re.
“Ora ve lo dirò, sire”, gli rispose la damigella. “Essa mi provoca impaccio e dolore, ma potrà liberarmene solo un cavaliere valoroso e dotato di ogni virtù e che non alberghi in cuore villania, tradimento o slealtà. Colui che mostrerà di avere simili pregi sarà l’unico in grado di estrarla dal fodero. Sono stata da re Rience perché mi era stato detto che alla sua corte avrei trovato degli eccellenti cavalieri, ma nessuno di quelli che vi si provarono riuscì nell’impresa.”
Re Arthur è sorpreso dalla storia che la damigella gli racconta, e tenta per primo di estrarre la spada dal fodero, affermando che lo fa non perché pensi di essere il migliore, ma per dare l’esempio ai suoi cavalieri. Tuttavia per quanto tenti, non vi riesce.
“ “Sire, non è necessario tanto vigore; colui che la estrarrà lo farà con poca fatica”, intervenne la damigella.
“Avete ragione”, convenne il re, che poi invitò i baroni alla prova.
“Ma badate di non essere lordi di disonore, di tradimento e di inganno, altrimenti fallirete”, ribadì la fanciulla. “Il cavaliere che vi riuscirà sarà non solo perfetto, ma anche discendente da una nobile stirpe.”
Uno dopo l’altro, tutti i compagni della Tavola Rotonda tentarono di estrarre la spada, ma poiché nessuno ne fu capace la damigella molto addolorata esclamò:
“Ahimè, avevo creduto che a questa corte si trovassero i cavalieri più leali e onorati del mondo!”
“In fede mia sono tutti ottimi cavalieri”, replicò il re “ma le loro virtù non sono tali da potervi essere d’aiuto. Ne sono spiacente.”
Alla corte di Arthur vi è anche un cavaliere povero, vestito con abiti modesti, che aveva trascorso alcuni anni in prigione per aver ucciso un cugino del re. Il suo nome è Balin. Questi, per via del suo umile aspetto, ha timore di farsi avanti, ma poi si fa coraggio e chiede di poter tentare la prova.
“La damigella allora lo osservò con attenzione e vide che era un bel giovane; tuttavia la povertà degli abiti che indossava la indusse a pensare che non potesse essere un uomo d’onore, e tanto meno mondo da villania e da tradimento. Perciò gli rispose:
“Non voglio essere delusa di nuovo, signore. Temo che non potrete riuscire dove altri hanno fallito.”
Balin ribadisce che l’abito non deve trarre in inganno, poiché non è nell’abbigliamento che si misurano il valore e la virtù di un uomo.
La damigella allora acconsente, e quando Balin afferra l’elsa della spada, la estrae dal fodero con facilità. Allora la fanciulla esclama:
““Invero, costui è il migliore cavaliere in cui mi sia imbattuta; leale e onorato qual è compirà molte azioni degne di lode. Ma ora, cortese cavaliere, rendetemi la spada”, disse la damigella.
“No, la terrò io. Potrà essermi tolta solo con la forza”, dichiarò Balin.
“Non siete saggio, perché con quell’arma ucciderete il vostro miglior amico, l’uomo che amate di più al mondo. Essa vi porterà alla rovina”, replicò la fanciulla.
“Correrò la ventura che Dio vorrà mandarmi. Ma, in fede mia, non ve la darò.”
“Allora ve ne pentirete, e presto!” io la volevo indietro più per aiutare voi che per mio vantaggio. Mi dispiace che quella spada debba essere la vostra sventura”, gli disse la damigella, allontanandosi addolorata.”
Subito dopo l’arrivo e la partenza della Damigella della Spada, alla corte di Re Arthur avviene uno degli episodi più dolorosi. Si presenta infatti la Dama del Lago, chiedendo al re di riscuotere il dono che lui le aveva promesso in cambio della spada Excalibur. La Dama del Lago chiede al re niente meno che la testa del cavaliere che è riuscito a estrarre la spada dal fodero della damigella, e se possibile, anche quella di lei, in quanto il primo aveva ucciso un suo fratello, mentre la seconda era stata causa della morte di suo padre. La Damigella della Spada e Balin si rivelano essere molto simili, entrambi hanno recato dolore alla Dama del Lago.
Non appena Balin vede la Dama del Lago, che riteneva responsabile della morte “per magia” di sua madre, con un solo colpo di spada le taglia la testa, scatenando una grande afflizione nel re e in tutta la corte.
Qui ha fine la vita e la storia della Dama del Lago.
Solo poco dopo la sua morte, la vera natura della Damigella della Spada viene rivelata.
Venuto a conoscenza della tragica uccisione della Dama del Lago, Merlino si presenta da Re Arthur e così si rivolge a lui e alla corte:
““Ora vi dirò perché quella damigella con la spada è venuta qui” disse allora. “Comunque sappiate che è la donna più falsa che vi sia al mondo.”
“Non è vero!” esclamarono tutti.
“La damigella amava un cavaliere che il fratello di lei, un guerriero valoroso e onorato, uccise con le proprie mani. Allora ella andò a implorare dama Lile di Avalon che l’aiutasse a vendicarsi. Costei le dette quindi la spada, e le disse che avrebbe potuto trarla dal fodero solo un cavaliere forte e valoroso di questo regno, che con essa avrebbe poi ucciso suo fratello. La damigella perciò è venuta qui, e volesse Dio che non lo avesse fatto! Perché quando ella si accompagna con un cavaliere d’onore non è per operare il bene, ma solo per far danni, e il cavaliere che ha conquistato la spada finirà per essere annientato (…).”
***
Inizialmente, la Damigella della Spada appare come vittima di un sortilegio, che la condanna a portare una spada allacciata in vita che nessun cavaliere, se non il più valoroso, può estrarre dal fodero liberandola del fardello. In realtà sembra che sia proprio Balin a essere stato scelto per compiere l’impresa. Lungi dall’essere il più valoroso della corte di Re Arthur, è anche colui che pochi istanti dopo ucciderà la Dama del Lago.
La Dama del Lago è l’elemento che accomuna la damigella e Balin: entrambi le hanno recato dolore, di entrambi le reclama la testa, ma è per causa loro che sarà lei a perdere la vita.
L’atteggiamento di Balin è altresì ambiguo, ingrato e possessivo. Dopo che la spada è stata estratta, la damigella chiede che le venga restituita, ma Balin si rifiuta categoricamente, anche nel momento in cui viene messo in guardia sulla sfortuna e il dolore che, nelle sue mani, recherà a chi ama.
La Damigella della Spada è avvolta nel mistero, inganna con una sventura che in realtà è un espediente che ha voluto lei stessa, ed è alla ricerca di colui che realizzerà il suo malvagio proposito. Come spiega Merlino, chiunque si accompagni a lei è destinato alla rovina, poiché il suo unico scopo è far del male e ottenere vendetta.
La Damigella della Spada è una delle dame che compaiono per sconvolgere la vita della corte, per mettere in difficoltà, provocando conflitti e allo stesso tempo creando dinamicità e cambiamento.
In questo tratto di storia appare anche una dama enigmatica e pressoché sconosciuta: Dama Lile – o Lyle – di Avalon.
Lile di Avalon non comparirà più nella storia, ma si deduce che non agisca come portatrice della conoscenza di Avalon, ma che, al contrario, si presti a creare un ingannevole sortilegio volto a far ottenere alla damigella la sua vendetta.
Non è dato sapere chi sia Dama Lile di Avalon, ma è possibile che il nome impiegato da Malory derivi in realtà dal francese “dame de l’île d’Avalon” ovvero letteralmente “dama dell’isola di Avalon”. È possibile che l’autore ne abbia tratto un nome proprio – o che il nome proprio sia una errata trascrizione – mentre in realtà si tratterebbe semplicemente di una generica Dama dell’Isola di Avalon, priva di nome proprio, in quanto, come molte altre, è conosciuta solo con il suo sacro titolo.
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Nota:
Le citazioni sono tutte tratte da Sir Thomas Malory, Storia di Re Artù e dei suoi cavalieri – titolo originale Le Morte d’Arthur – Vol. I, Oscar Mondadori, Milano, 1985, pagg. 44, 46, 47, 48, 49.
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